M come Marketing
È iniziata la Fase due dell’emergenza Covid-19, con la riapertura progressiva delle attività produttive sull’intero territorio nazionale, ma in sostanza per gli hotel non cambia nulla.
La chiusura delle strutture ricettive, infatti, è stata una decisione autonoma degli albergatori, dettata da considerazioni umane (limitare il rischio per il personale) ed economiche (contenere le perdite). Allo stesso modo, per la riapertura non bastano le disposizioni di legge.
La realtà è che agli alberghi italiani manca la domanda, perché la mobilità sul territorio nazionale non è ancora consentita, il mercato internazionale è pressoché assente e la situazione sanitaria non è pienamente rassicurante.
Proviamo a osservare la situazione in chiave di marketing.
Il prodotto dell’hotel è invariato: si tratta di offrire ospitalità, mettendo al centro dell’attenzione le necessità dell’ospite, come è sempre stato. L’unica cosa che cambia, davvero, sono le necessità dell’ospite.
Il processo di erogazione è, invece, trasformato dalle circostanze: i dispositivi di protezione, le procedure di lavoro, le regole di sicurezza per gli ospiti e per lo staff rischiano di snaturare l’identità dell’hotel come luogo di confort e di contatto umano. Qui è necessario un forte impegno da parte degli albergatori nel rispettare le regole senza trascurare l’estetica del servizio e la cordialità dei gesti. Allo stesso tempo, occorre concentrarsi sui costi, per contenere l’inevitabile aumento con la scelta delle soluzioni migliori per l’hotel e la valutazione delle agevolazioni accessibili.
La distribuzione è - e sarà sempre più - condizionata dai costi e dai mutati comportamenti del mercato: l’hotel sceglierà i partner più produttivi e più convenienti, anche se dovrebbe ancor prima impegnarsi in un progetto comune con gli altri attori sul territorio, per rendere attrattiva la destinazione; i potenziali clienti, soprattutto nel mercato domestico, preferiranno molto probabilmente un contatto diretto con l’albergo, sia attraverso il sito web e i social network, sia via e-mail o telefono, per ricevere conferme e rassicurazioni.
In questa situazione di difficoltà generale aumenta il valore delle persone, anche in un settore che per sua natura avrebbe sempre dovuto tenerle in considerazione: il valore dello staff, che crea l’identità del servizio e oggi può, ancor di più, fare la differenza nell’interazione con gli ospiti, perché sono i comportamenti a trasmettere (o meno) sicurezza e accoglienza; il valore del pubblico a cui l’hotel si rivolge, che in molti casi non ha perso la motivazione al viaggio, ma è disorientato dalle nuove abitudini e adotterà modalità di prenotazione e di viaggio diverse, in funzione dello sviluppo degli scenari e della maggiore sensibilità alla tutela della salute.
Per avvicinarsi alle rinnovate esigenze del pubblico, la promozione dell’hotel e del territorio dovrà, allora, puntare sulle conversazioni più che sulla comunicazione unidirezionale, in modo da poter rispondere con chiarezza a tutte le incertezze.
La percezione del servizio, in termini di stile di accoglienza e livello di sicurezza, sarà migliorata dalla capacità di dialogo e di confronto dell’hotel, soprattutto se troverà conferma nelle testimonianze espresse dagli ospiti nelle recensioni.
L’ultima leva da valutare, in questo caso anche in termini di importanza, è il prezzo: in questo momento non si tratta, infatti, di attirare la domanda, bensì di attendere che possa tornare a manifestarsi.
Per prepararsi al ritorno, il nostro suggerimento agli hotel è di guardare al marketing umanistico: “un marketing che vende, certamente; perché senza vendita non c’è scambio, senza scambio non c’è mercato e di conseguenza non c’è marketing. Ma non vende a qualunque costo. Crea, ispira, racconta, coinvolge, stimola, migliora” (cit.)